Non credo sia fuori luogo, in tempi di post – moderno, fare una breve riflessione su un’opera piuttosto controversa come controverso è stato il suo autore. Si tratta dell’opera “Il contratto sociale”, il suo autore Jean – Jacques Rousseau (1712 – 1778). Di cosa tratta, nelle linee generali, “Il contratto sociale”? Dell’autorità politica. Infatti Jean – Jacques Rousseau si propone di mostrare a quali condizioni una simile autorità possa essere legittima e, di conseguenza, di denunciare quelle che non lo sono. Non si tratta tanto, per lui, di prescrivere dei limiti a questa autorità, quanto in fondo di ricercarne il fondamento e di determinarne la natura. Tre sono i punti salienti de “Il contratto sociale”:
- Nessun uomo ha un’autorità naturale sul proprio simile. Ne consegue che nessuna autorità può essere legittima se è istituita o se viene esercitata senza il consenso di coloro che vi sono sottomessi;
- L’autorità politica Jean – Jacques Rousseau la chiama sovranità – risiede essenzialmente nel popolo. Essa è inalienabile, e il popolo non può affidarne l’esercizio a nessuno: né a un monarca, né a dei rappresentanti. Il singolo che rinunci alla sua libertà rinuncia, nello stesso tempo, alla sua qualità di uomo. Così, un popolo che rinunci all’esercizio della sovranità con un patto di sottomissione si annulla con quest’atto. In tal caso, non c’è più né sovrano, né un popolo, né dei capi ma un padrone e degli schiavi. Le leggi sono l’espressione della volontà generale, e quando un uomo o una donna, chiunque egli sia, sostituisce la sua volontà a quella di un popolo non c’è più un’autorità legittima, ma un potere arbitrario.
- Il governo, o l’amministrazione dello Stato, è solo un potere subordinato al potere sovrano ed è, nelle mani di coloro che lo detengono, un semplice mandato. Il popolo può affidarlo ad altri quando vuole. Ma il governo, che ha in mano la forza, cerca costantemente di sottrarsi all’autorità legislativa e tende a sostituire la propria volontà a quella del popolo nell’amministrazione dello Stato. Quando ci riesce, il patto sociale è infranto, il corpo politico distrutto. Rifiutando la sovranità ai re, affermando che essa deve appartenere al popolo e non può appartenere che ad esso, Jean – Jacques Rousseau si pronuncia apertamente per la democrazia.
Se guardiamo a “Il contratto sociale” da un punto di vista filosofico, esso ci appare come legato ad una certa concezione della libertà. Secondo l’autore, infatti, per un uomo o una donna la peggior situazione possibile è di essere alla discrezione (o anche alla mercé) di un altro, poiché i rapporti di autorità fra gli esseri umani tendono sempre all’arbitrio, alla prevaricazione, alla dominazione.
Cosa pensare, dunque, de “Il contratto sociale” di Jean – Jacques Rousseau?
Sarebbe bene che lo rileggessimo oggi (sì proprio oggi), nel momento storico più cruciale (e sottolineo con forza il termine cruciale) dell’Occidente, che si fonda e poggia sulla democrazia, e dire se veramente è un’opera attuale o inattuale, importante o da relegare nel dimenticatoio.
Francesca Rita Rombolà
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