La precarietà della condizione umana. “Canzone d’autunno” di Paul Verlaine

22 Ottobre 2024

In un abbandono languido e malinconico, nella dolente e monotona musicalità dell’autunno, il poeta francese Paul Verlaine (1844 – 1896) ricorda tristemente il passato e, avvertendo la precarietà della condizione umana, si abbandona come foglia morta al vento della mestizia che irresistibilmente lo trascina… Il suono di violini giunge, all’ascolto del poeta, come un singhiozzo che ferisce il suo cuore; fragile e, allo stesso tempo, forte è la sua sensibilità che percepisce il pianto e la ferita dell’anima che ne deriva; tutto è pieno di affanno e anche stanco; un’ora inquietante e misteriosa scocca inesorabile per far rivivere il ricordo di giorni remoti, forse anch’essi tristi ma forse pieni di gioia e di speranza, di allegria e spensieratezza e per questo più dolorosamente percepiti. Così il poeta va, come alla deriva, nel vento autunnale (che nel nord d’Europa è davvero implacabile) da un angolo ad un altro come la foglia morta (ingiallita e secca ormai) per i viali e i parchi, le piazze e i giardini, ovunque vi sono alberi non sempreverdi che si donano interamente al ciclo incessante della natura.

Sembrerebbe un quadro veramente desolante e disperato che ha ceduto alla fine e non si batte e non lotta più nemmeno per respirare… eppure non è davvero così, il titolo stesso della poesia lo suggerisce al lettore non distratto, perché gli stati d’animo morbosi e negativi vengono superati dal canto, che è sempre al di sopra dell’umano percepire, trasformando il tutto in una canzone dalla musicalità indiscutibile in cui perfino la precarietà accertata della condizione umana diventa condizione, dolorosa e di grande sofferenza certo, occasione unica per riflettere sul mondo, sulla società, sull’agire dell’uomo, sulle sue oscure pulsioni, sui lampi di luce interiore compresi, afferrati o meno… allora i lunghi singhiozzi dei violini dell’autunno feriscono senza uccidere, portano monotono languore senza tuttavia affamare e sconvolgere, e una “foglia morta” in autunno, se avrà una volontà sovrumana e una forte capacità di resilienza potrà fin’anche superare l’inverno (che, sempre nel nord d’Europa, è decisamente implacabile), e “sentire” e “percepire” il primo tepore della primavera imminente.

Canzone d’autunno

I lunghi singhiozzi

dei violini

dell’autunno

feriscono il mio cuore

di un languore monotono.

Tutto è soffocante

pieno d’ affanno e stanco, quando

suona l’ora,

io mi ricordo

dei vecchi giorni

e piango;

e vado,

simile alla foglia morta,

nel vento implacabile

che mi porta

di qua, di là

lontano.

Francesca Rita Rombolà

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