Il western all’ italiana è un genere che in cinematografia appassiona, fin dalla sua nascita, spettatori di ogni età e di ogni livello culturale. Il regista capostipite, ossia l’ inventore di questo genere cinematografico molto fortunato, è stato Sergio Leone. In film conosciutissimi e apprezzatissimi quali: PER UN PUGNO DI DOLLARI e PER QUALCHE DOLLARO IN PIU’, ha scoperto e portato al successo attori del calibro di Clint Eastwood, di Lee Van Cleef e Gian Maria Volontè e ha fatto conoscere al mondo il genio musicale di Ennio Morricone, che ha composto le riuscitissime colonne sonore di tutti i suoi western. Ci piace ricordare, in special modo, il film IL BUONO, IL BRUTTO, IL CATTIVO forse perchè ha un qualcosa di diverso e di particolare che lo distingue dagli altri della serie. L’ intera pellicola ha tratti di grandiosità, l’ intera vicenda si configura come un’ epica esaltante sullo sfondo, un pò surreale e un pò sognante ed esotico, della guerra di Secessione americana che nell’ Ottocento ha visto contrapposti gli stati del Sud, dominati dai ricchi proprietari terrieri praticanti ancora lo schiavismo nei confronti dei negri, e quelli del Nord, basati quasi escusivamente su un’ economia trainata dallo sviluppo industriale e decisi propugnatori dell’ abolizione della schiavitù. Gli avventurieri di ogni genere non mancano. I desperados di ogni sorta pullulano ovunque.
Uomini dalla pistola facile e dalla battuta tagliente e ironica sempre pronta si sfidano a duello, si inseguono senza sosta cavalcando attraverso paesaggi mozzafiato che danno allo spettatore un senso di libertà infinito insieme a quel ” sentirsi ” come trasportato dal vento e dal cielo fra deserti di sabbia rovente e montagne rocciose; fra verdi praterie, città semidistrutte dalle cannonate, fiumi dalle sponde lontane e ponti sopra fiumi la cui presenza o meno dovrà decidere l’ esito di una battaglia. Scene di gloria e di esaltazione, come nella migliore tradizione militare di altri tempi, si intrecciano e si susseguono mirabilmente. Ma su tutto e su tutti sembra dominare una spasmodica e travolgente corsa all’ oro: la ricerca frenetica quasi morbosa di un tesoro, che non si ferma di fronte a niente e a nessuno. Si tratta del tesoro della Confederazione degli stati del Sud rubato da un ufficiale, Bill Carson, e nascosto da questi in un cimitero militare dentro la tomba senza nome accanto a quella di un soldato di nome Arch Stanton. Meravigliosa, come un piccolo capolavoro dentro un capolavoro più grande, la scena nel cimitero militare a cielo aperto, che sembra suggellare un finale scontato eppure imprevedibile fino agli ultimi istanti. Le sequenze sono cadenzate e dal ritmo vertiginoso, accompagnate dall’ intensità della musica che coinvolge e incalza; la macchina da presa, a tratti, è come ” impazzita ” vorticando su se stessa o sul paesaggio o sui personaggi, quasi a voler ” mostrare ” il delirio e la gioia insieme per aver finalmente trovato il tesoro tanto sospirato e desiderato per il quale non si è esitato ad uccidere. Dopo aver visto il film si rimane incantati e sognanti, e lo si vorrebbe rivedere ancora per chissà quante altre volte… senza mai accorgersi del passare degli anni o addirittura dei decenni, perchè i grandi capolavori della letteratura, della pittura, della scultura, dell’ architettura o del cinema non ” invecchiano ” mai e sanno suscitare, attraverso le generazioni, le stesse meravigliose e forti emozioni.
Francesca Rita Rombolà
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