“Adoro scandagliare gli abissi più reconditi dell’animo umano”. Conversando con la scrittrice di gialli Roberta Costantini
000 Primo piano , Roberta Costantini / 15 Novembre 2024

Roberta Costantini nasce a Roma nel 1969. Laureata in Scienze Politiche con indirizzo politico – internazionale all’Università “La Sapienza” di Roma nel 1994, comincia a lavorare attivamente nel settore della comunicazione e degli eventi come freelance dopo aver conseguito, a Barcellona (Spagna), il Master in Turismo Congressuale e Organizzazione degli Eventi, nel 2004. Appassionata, fin dall’infanzia, di romanzi di avventura e narrativa, inizia a scrivere nel 2013. Il suo primo romanzo thriller viene pubblicato da Croce Edizioni nel maggio 2014 con il titolo “Le visioni inquietanti di Allison ” che, insieme ad altre due storie, darà origine alla trilogia di Allison e Kate dal titolo “Destini incrociati” edita da Rei France nel maggio 2018. Nel 2019 segue la pubblicazione della spy – story “Servizi e Segreti”. Nel 2021 Roberta Costantini crea la collana “Giallo e Nero” il cui primo libro è proprio “Servizi e Segreti” rinnovato nella copertina a cui segue, nel 2022, la pubblicazione de “Il Castello di Carte”. Nel 2023 esce il suo nuovo romanzo giallo “Viceversa” edito da La Rondine Edizioni. Il sito web di Roberta Costantini è www.robertacostantini.com. Francesca Rita Rombolà conversa con la scrittrice di gialli Roberta Costantini. D – Roberta Costantini ama scrivere gialli,…

George Sand, donna: forse un simbolo, forse una promessa mantenuta
000 Primo piano , George Sand / 11 Novembre 2024

George Sand, nome maschile, è lo pseudonimo della scrittrice francese Amandine Lucie Aurore Dupin nata a Parigi il 1 luglio 1804, morta a Nohant il 7 giugno 1876. Precocemente orfana di padre, crebbe nella sua terra di Nohant con la nonna, vecchia dama colta e spregiudicata. Intorno ai quindici anni, in collegio a Parigi, dalle Dame Inglesi, ebbe una crisi mistica. Ma ritornò presto in compagna dove, sotto la guida dell’anziano precettore Deschartres, riprese i temi della già ribelle fanciullezza con lunghe meditazioni solitarie, cavalcate in abito maschile e letture sterminate di ogni tipo. Nel 1821, in seguito alla morte della nonna, rimane erede universale dei beni di lei, ma continua a vivere con la madre in un rapporto molto conflittuale a causa del quale sposerà (proprio per “liberarsi” della madre) il colonnello Casimir Duderant e dal quale avrà due figli: Maurice e Solange. Nel 1831, al termine di un matrimonio infelice, la scrittrice fugge a Parigi dove si stabilisce nel Quartiere Latino legandosi con Jules Sandeau e con altri “scapestrati/hugolatres” e abbandonandosi con frenesia a una vita di disordini tipicamente studenteschi. Inizia a scrivere in collaborazione con Sandeau firmando con lo pseudonimo di George Sand per “mostrare” alla società…

Ma la scrittura, la Poesia, l’Arte in ogni caso – e ad ogni modo – restano. “RETICENZE”, l’ultimo libro di Mauro Germani
000 Primo piano , Mauro Germani / 6 Novembre 2024

Ancora un libro, uscito da pochissimo, (Fallone Editore, settembre 2024) per Mauro Germani, che si aggiunge alla sua feconda, e prolifica, produzione letteraria. E’ un libro di racconti: “RETICENZE”. Splendida copertina, che sembra essere di per sé tutto un programma da esplorare, in cui l’elemento portante sembra quasi essere un gatto nero facente capolino dai tendaggi di una finestra e che “ricompare” poi nell’aletta della quarta di copertina, in tutta la sua prestanza, seduto su uno sgabello come a voler significare la latente enigmaticità e l’oscura bellezza del contenuto del volume. Sono tutti racconti brevi che non superano mai le tre pagine, e il libro ha una sua attrattiva particolare anche e soltanto per questo, in quanto in Italia il racconto breve non è mai stato apprezzato per come dovrebbe e non si è mai veramente affermato. Eppure il racconto breve ha un suo fascino davvero intrigante e veicola un messaggio il cui significato, insieme al significante, sono tremendi, capaci di scuotere l’animus, e l’anima, come un terremoto di magnitudine non bassa scuote la terra. Un qualcosa di Kafkiano aleggia, sospeso come una spada di Damocle, su ciascun racconto della raccolta (una raccolta piuttosto “ricca” che consta di ben settanta…

Dov’è il paese in cui non si muore?

E’ una voce antichissima, che ci viene da una civiltà distante da noi nel tempo e nello spazio, eppure è una voce perenne quella che interroga la propria anima e il proprio cuore sul significato del vivere e del morire e confida al Grande Spirito Universale le proprie ardenti speranze. E’ un canto dal titolo “Dov’è il paese in cui non si muore?” di anonimo messicano ma che, probabilmente, ne è l’autore Fiore Nero – Principe della Corona – erede di Montezuma II ultimo imperatore del Messico precolombiano, raffinato poeta e insigne guerriero. Egli comprende, sa, che la vita non è “nostra” e non ce la diamo noi: ce la dona il Grande Spirito Universale in un sublime atto d’amore. Se la vita è qualcosa che dura perennemente, noi non viviamo perché siamo destinati a morire: solo il Grande Spirito Universale vive in quanto è eterno; Egli, infatti, può farci vivere eternamente concedendoci la vita oltre la morte del corpo … ma talvolta la tristezza e il dolore del distacco possono essere umanamente davvero insopportabili! Vi è una terra in cui i morti possano vivere finalmente liberi da ogni affanno che consuma i mortali? Possono essi aver raggiunto una pace…

La precarietà della condizione umana. “Canzone d’autunno” di Paul Verlaine

In un abbandono languido e malinconico, nella dolente e monotona musicalità dell’autunno, il poeta francese Paul Verlaine (1844 – 1896) ricorda tristemente il passato e, avvertendo la precarietà della condizione umana, si abbandona come foglia morta al vento della mestizia che irresistibilmente lo trascina… Il suono di violini giunge, all’ascolto del poeta, come un singhiozzo che ferisce il suo cuore; fragile e, allo stesso tempo, forte è la sua sensibilità che percepisce il pianto e la ferita dell’anima che ne deriva; tutto è pieno di affanno e anche stanco; un’ora inquietante e misteriosa scocca inesorabile per far rivivere il ricordo di giorni remoti, forse anch’essi tristi ma forse pieni di gioia e di speranza, di allegria e spensieratezza e per questo più dolorosamente percepiti. Così il poeta va, come alla deriva, nel vento autunnale (che nel nord d’Europa è davvero implacabile) da un angolo ad un altro come la foglia morta (ingiallita e secca ormai) per i viali e i parchi, le piazze e i giardini, ovunque vi sono alberi non sempreverdi che si donano interamente al ciclo incessante della natura. Sembrerebbe un quadro veramente desolante e disperato che ha ceduto alla fine e non si batte e non lotta…

L’umana e legittima ricerca della felicità. “L’ultimo treno della notte. Racconto musicale” di Stefano Diotiallevi
000 Primo piano , Stefano Diotallevi / 14 Ottobre 2024

Innanzitutto il titolo: “L’ultimo treno della notte”, che appare piuttosto evocativo in quanto sia il treno sia la notte sono due elementi decisamente importanti a livello inconscio e insieme conscio, e poi il frontespizio del volumetto che riporta una frase di Victor Hugo: “La malinconia è la felicità di essere tristi”, frase che si presta a molti sensi interpretativi ma che di per sé da un posto di preminenza a quello stato d’animo che ci fa stare male e, allo stesso tempo, bene in quanto ci stimola spesso a riflettere e a pensare profondamente sulle cose e sulla vita. “L’ultimo treno della notte. Racconto musicale” Armando Editore, 2024, è l’ultima pubblicazione letteraria di Stefano Diotiallevi. Una struttura insolita caratterizza il racconto, perché è come “scandito” dalle note musicali che si susseguono sul pentagramma. Bella è l’espressione e la fluidità delle parole, piacevole e semplice lo stile; le stazioni e il treno sembrano essere i veri protagonisti, e il susseguirsi dei ricordi e dei momenti trascorsi in essi diventano un vissuto quasi speciale che non si cura più del tempo, restando sospesi in un continuum presente il quale suscita, talvolta, perfino una sottile nostalgia e un qualcosa di irrimediabilmente perduto. La…

9 ottobre 1989 – 9 ottobre 2024. Sono ancora qui. A lottare e a scrivere

9 ottobre 1989 – 9 ottobre 2024, non è un anniversario, non sono i trentacinque anni esatti di un evento o di un avvenimento eclatanti, ma di sicuro questa data di tanti anni fa, in un certo senso, ha cambiato la mia vita perché da quel giorno in poi sono forse diventata scrittrice in “maniera ufficiale”. Da quel momento in poi ho scritto e ho scritto. Non ho smesso più di scrivere. Di scrivere romanzi, racconti, articoli, recensioni, di comporre versi di poesie lunghe e brevi, poemetti e sillogi di vario genere… non ho ancora smesso di scrivere; nel dolore e nella gioia, nella sofferenza e nella letizia, navigando in acque profonde e perigliose; sono stata pioniera della poesia, in particolare, e della scrittura, in generale, in un ambiente, e in contesti, sociali e culturali non molto progrediti, e al passo con i tempi, al riguardo; ho vissuto lutti e perdite tremende, subendo umiliazioni e pregiudizi, incomprensioni e blocchi psicologici, momenti di sconforto e di illuminazione, sempre lottando e lottando, affrontando, e spesso superando, difficoltà anche terribili, solitaria e in solitudine, sola e quasi misteriosamente guidata da uno strano e vago “istinto soprannaturale” che sembra come guidarmi e determinare, in…

Daniel Defoe, romanziere quasi senza volerlo
000 Primo piano , Daniel Defoe / 2 Ottobre 2024

Daniel Defoe (1670 – 1731) è lo scrittore che rappresenta l’inglese borghese dissidente del XVII secolo (la parola “dissidente” indica, in realtà, l’appartenenza ad una setta protestante non conformista, il ché avveniva soprattutto fra la classe mercantile inglese). La carriera notevolmente movimentata di Daniel Defoe abbraccia attività e progetti commerciali diversi, oltre a numerose imprese giornalistiche e incarichi anche di agente segreto svolti per conto del governo. Nel 1697 egli pubblico un “Essay on projects” (Saggio sui progetti) in cui avanzava un numero straordinario di proposte di ordine pratico, fra le quali una società intesa a “incoraggiare una cultura raffinata, a levigare e affinare la lingua inglese, a far progredire l’arte tanto trascurata dell’espressione corretta, a ripulire la lingua dalle aggiunte irregolari che vi sono state portate dall’ignoranza e dall’affettazione”. Proponeva anche di istituire un’accademia per le donne poiché diceva: “Io ho spesso pensato che fosse uno dei più barbari costumi del mondo il negare alle donne i vantaggi della cultura.” Nel 1701 Daniel Defoe pubblicò una satira in versi, “The true – born Englishman” (L’inglese autentico) in cui analizzava le composite origini del popolo inglese, a suo parere “una razza indefinibile ed eterogenea derivata da tutte le nazioni del…

Una vita avventurosa e piena di contraddizioni. Isaac Babel e la sua originalità e autenticità di scrittore

Isaac Emmauilovic Babel (1894 – 1941), scrittore russo, uno dei più popolari della letteratura dell’era sovietica in Russia, caduto, ad un certo momento, in disgrazia presso il regime sovietico ai tempi di Stalin. Figlio di genitori ebrei, compiuti gli studi in una scuola commerciale, lesse e approfondì i classici russi e francesi. Iniziò a S. Pietroburgo la sua carriera di scrittore pubblicando, a partire dal 1915, i suoi primi racconti sulla rivista “Annals” dello scrittore Maksim Gorkij. Isaac Babel condusse una vita avventurosa e piena di contraddizioni. Militò nell’Armata Imperiale, nelle forze rivoluzionarie nella guerra civile e tra le fila della polizia segreta. Le sue esperienze militari, perciò, gli ispirarono racconti popolati di soldati nostalgici della vita civile (l’esempio più importante, dal punto di vista letterario, è il suo romanzo famoso “L’armata a cavallo” del 1923 – 25) oppure popolati di commercianti ebraici e gente del popolo, semplice ma anche caustica, da lui sempre narrati in ironici racconti nel colorito dialetto di Odessa, la sua città natale ( “I racconti di Odessa”, 1923 – 24). Il realismo delle sue storie di guerra fu aspramente criticato dal regime, quasi fosse una diffamazione degli eroi russi. Per questo divenne vittima dello stalinismo,…

Questo Titano spietato del Romanticismo, cultore della libertà e del sogno. Per il bicentenario della morte del poeta Byron
000 Primo piano , George Gordon Byron / 16 Settembre 2024

George Gordon Byron, Lord Byron, (VI barone Byron) nasce a Londra (Gran Bretagna) il 22 gennaio 1788, morirà a Missoulungi (Grecia) il 19 aprile 1824, perciò quest’anno (2024) ricorre il bicentenario della sua morte. Byron, il poeta melodrammatico “sfruttatore” delle proprie emozioni; Byron, il poeta – rapsode della natura; Byron, il poeta idealista liberale in guerra contro l’oppressione politica; Byron, il poeta anarchico e ribelle ostentatamente nemico di tutti gli atteggiamenti morali convenzionali; Byron, il poeta aristocratico osservatore dei fatti storici; Byron, il poeta ironico; Byron, il maestro dei versi colloquiali; Byron, il poeta – creatore di un tipo di poesia narrativa e discorsiva abbastanza libera da consentirgli di commentare la vita e il costume contemporaneo ed anche il proprio carattere, il proprio fato, i propri gusti e i propri pregiudizi; Byron, il poeta sarcastico ed edonista che rifiuta di prendere sul serio se stesso o chiunque altro; Byron, il poeta romantico inglese che ha forse dato i dettami ad un’intera epoca; Byron, il poeta propugnatore del titanismo puro nell’arte e insieme nella vita. George Gordon Byron, Lord Byron, spietato contro se stesso quanto contro ogni forma di dispotismo e di coercizione, umana, politica, sociale, tenace difensore della libertà (forse,…

” Io cerco di colmare il vuoto abitandolo. Dal dolore si esce con una forza (dico io) gigante …”. Conversando con la scrittrice Maria Martino
000 Primo piano , Maria Martino / 13 Settembre 2024

Maria Martino è nata a Palermo nel 1945, ma vive a Milano. Da sempre appassionata di scrittura, nel tempo ha scritto libri spaziando fra i diversi generi della letteratura. Fra i suoi thriller: “Carambola di delitti”, “Omicidi virtuali”, “Analisi omicida”; i suoi libri fantasy: “Il mistero dei Maya – Il sovrano non verrà condotto in Athlas”; fra le sue raccolte di poesie: “Parole in solfeggio”, “La lirica nasce dai suoni”. Ha ricevuto due attestati di benemerenza per il concorso nazionale per la Poesia “Premio Perini 2003” e “premio Perini 2009” a Milano. Francesca Rita Rombolà conversa con la scrittrice Maria Martino D – Maria Martino, pensa che il fantasy sia ancora, diciamo, un genere di “nicchia” in Italia, anche se negli ultimi anni ha avuto una certa diffusione piuttosto di massa? R – Penso che il genere fantasy piaccia a molti. Basta valutare quanto successo abbia avuto “Harry Potter e la pietra filosofale”, per esempio. D – Qual’è in fondo il tuo genere letterario preferito? Quello in cui la tua scrittura è più spontanea e fluida, ad esempio? R – Il mio genere letterario preferito è il thriller, ma leggo altri generi letterari e saggi scientifici. Scrivo volentieri thriller, anche…

Il senso del “niger” nel poeta latino Orazio

Quinto Orazio Flacco (Venosa 65 a. C. – Roma 8 a. C.) è il poeta latino formulatore del famoso concetto “carpe diem / cogli l’attimo”, ma forse è meno conosciuto per un altro concetto più profondo e, diciamo, meno “solare”, cioè il senso del “niger”. Il termine latino niger può essere tradotto con nero, oscuro, notturno; in Orazio assume un significato piuttosto originale e complesso. Egli era, come tutti gli scrittori latini, introspettivo. Dalle sue opere non si ricava solo il suo ritratto fisico – un uomo del sud Italia (un meridionale, diremmo oggi) basso, corpulento, cisposo, scuro di pelle e precocemente ingrigito – ma anche, e soprattutto, quello psichico dominato da due tratti: irritabilità e irrequietezza. “Non sai stare un’ora con te stesso, ma fuggi da te cercando di eludere l’ansia col vino o col sonno: invano, ché essa, nera compagna, ti sta sempre alle costole”, si fa dire, dal servo Davo, promosso, per l’occasione, a voce della sua coscienza. Questa “nera compagna” ha una certa predilezione inconscia nel poeta, e il termine niger vi compare spesso nella sua intera produzione letteraria: per sottolinearne alquanto il senso profondo e quasi celato alla coscienza. Perché questa predilezione? Perché forse, come…

Il mistero della lingua, la magia del parlare

I popoli parlano, le nazioni hanno una loro lingua ufficiale, le genti si esprimono in dialetti e in idiomi propri. L’uomo, il genere homo, l’homo sapiens sapiens parla, comunica, si esprime; e con ciò e per ciò ha costruito e costruisce la civiltà e le civiltà. Molti e differenti sono i linguaggi, ma determinati i suoni che formano le parole e articolano la lingua. Il linguaggio avvicina all’altro. Il vicino e il lontano, per mezzo della lingua, sono esseri umani che guardano il cielo e oltre il cielo. La parola sente, percepisce, esplica infine la presenza (di Dio, degli dei, del destino, del Tutto è inerente all’individuo e alle sue credenze). Le lingue dei popoli sono innumerevoli, molte estinte perché le etnie non sono ormai più da secoli; molte parlate ancora da pochi; moltissime veicolo di comunicazione orale per milioni e milioni in tutto il mondo. Le lingue si evolvono, si trasformano, diventano irriconoscibili e nuove, seguendo un percorso più o meno analogo alle civiltà che nascono, crescono, si sviluppano e scompaiono come ogni cosa nell’universo conosciuto (le galassie, i sistemi solari, le stelle simili al sole o diverse dal sole, i pianeti). L’uomo è l’unico animale che parla (sulla…

Il “bisogno” del silenzio dei cuori

Fragore e caos, strepito e sfrenatezza, questo e molto altro si alternano nel mese di agosto, al culmine dell’estate, per chi può godere di un periodo di riposo, non sempre utilizzato al meglio e nel rispetto dell’altro, per chi soffre a causa di guerre, di malattie, di solitudine, di povertà e di altri mali che spesso l’uomo trasforma in endemici. C’è bisogno di silenzio. Un silenzio fatto di riflessione e di un cuore che batte, ed ogni battito assapora la ricchezza spirituale del tempo che rallenta per dare riposo vero e pace all’essere talvolta stanco, talvolta sfinito, talvolta incapace di capire e di vivere normalmente e naturalmente. C’è bisogno di silenzio. Il “bisogno” del silenzio dei cuori affranti e dei cuori in disparte, ma comunque di tutti i cuori che ancora battono in modo umano e sperano nell’umanità ferita, imbrutita, piegata. Sperano nel suo riscatto, nel suo miglioramento, nelle sue capacità di resilienza per ricominciare ancora all’aurora di un giorno radioso. Il silenzio dei cuori Lasciate che la terra fruttifichi e fiorisca, lasciate che l’acqua lavi e rinfreschi le pietre e il fango, lasciate che l’aria respiri lieve sul giorno e la notte, lasciate che il fuoco riscaldi dal freddo…

Il senso del solstizio d’estate
000 Primo piano , Ovidio / 13 Agosto 2024

Il titolo di questa poesia famosa è preso dal poeta latino Ovidio: “Stabat nuda aestas”/Stava nuda l’estate. Il poeta Gabriele D’Annunzio vuol dare il senso della stagione estiva, del solstizio d’estate, che si diffonde e impregna di sé la natura animandola e colmandola pienamente. L’estate appare, dunque, al poeta come una figura femminile, dapprima intravista tra i pini, nell’afa e nel silenzio, quindi raggiunta fra argentei ulivi e nelle stoppie, e infine scoperta nella sua grandiosa nudità, così come recita il titolo, oltre il falasco, sulla riva del mare, in mezzo alle alghe, la sabbia e la bianca schiuma delle onde. L’estate è quasi come una “creatura vivente” (una donna bella, sfuggente, sempre adolescente e con lunghi capelli ) che si rivela poco a poco, dal bosco alla pianura, fino al mare: la si sente nell’afa e nel silenzio delle ore più calde intorno al mezzodì, nell’odore del serpente, che la ama particolarmente per il caldo avvolgente che genera, nel canto dell’allodola, che ringrazia del tempo felice, nel crepitìo secco del falasco, nell’immensa e aperta distesa della spiaggia con il mare tranquillo e pigro sotto i raggi infuocati del sole. E’ una poesia fatta più di sensazioni che di descrizioni,…

Questo luminoso “notturno” d’estate

La Romania trae la sua origine dall’antica Dacia, che fu eretta in provincia romana dall’imperatore Traiano nel 107 d. C. I romani occuparono la regione soltanto per un secolo e mezzo (107 – 274), ma questo fu sufficiente perché la popolazione locale, amalgamatasi con veterani e coloni, si sentisse spiritualmente appartenente all’area della civiltà latina e preservasse nei secoli, nonostante la secolare dominazione turca, le invadenze russe, l’influsso del mondo greco – ortodosso, una lingua prettamente neo – latina o “romanza”, incrinata ma non snaturata dall’apporto di vocaboli appartenenti al lessico di popolazioni cui essa fu soggetta o con cui venne in contatto, come gli slavi del nord, gli albanesi, gli ungheresi, i turchi ottomani. Ancora oggi, dopo tante vicissitudini storiche, lo spirito di autonomia dei romeni e l’originalità della loro cultura sono testimonianza sicura di un orgoglio nazionale spiccato e di una tradizione che ha radici assai remote nei secoli. Nella prima metà dell’Ottocento la letteratura romena, che si configura, anche per le ragioni cui ho accennato, assai più complessa e più vicina al mondo occidentale di altre letterature balcanico – danubiane, fu caratterizzata da forme di notevole romanticismo, non senza altrettanto notevoli influenze della cultura francese cui si…

L’eterna, selvaggia voce del mare

Nella voce del mare, eterna, selvaggia, il poeta bulgaro Georgi Sejtanov (1896 – 1925), che per i suoi sentimenti rivoluzionari e pacifisti dovette rifugiarsi all’estero per sfuggire alle persecuzioni della polizia del suo paese e che venne fucilato al momento del suo ritorno in patria, dove imperavano governi reazionari pronti a servirsi dei metodi repressivi più crudeli contro i democratici e i rivoluzionari, sente il tormento di una vita agitata da un’ansia perenne come di chi aspiri al sublime e all’eterno, caratteristiche proprie di qualunque poeta autentico. E’ un paesaggio sconvolto, tempestoso e, nello stesso tempo, amico quello che egli ci presenta nella poesia “Il mare”; in questo paesaggio, infatti, il poeta, eroe della lotta contro la dittatura, vede e “sente” l’immagine del suo stesso animo tormentato anelante agli ideali più alti, tenace nel portare se stesso e la società verso un mondo migliore al quale soltanto i più generosi e i più sinceri aspirano. Dal mare molti venti nascono e sul mare possono liberamente scatenarsi. Le onde alte e tempestose sembrano al poeta fiammate e la loro spuma il guizzo di un fulmine. Il mare è bello e meraviglioso in ogni stagione dell’anno, dona sollievo e riposo nei momenti…

La poetica del vento

Soffia il vento. Il vento caldo del Sud. Il vento caldo, da un mare Mediterraneo da sempre e sempre, nella sua storia plurimillenaria, protagonista di tragedie e di rovina, di conquiste, di vittorie e di sconfitte, di flussi e di riflussi, di rotte avventuriere o meno per i molti popoli che si affacciano, con le coste dei loro territori, sulle sue onde azzurrissime talvolta quiete talvolta in tempesta.Soffia il vento. Dalle isole Eolie. Le antichissime isole del vento, dove un dio caparbio e irruento (Eolo, dio dei venti per i popoli preellenici ed ellenici), che ha il dominio sui venti di ogni direzione, risiede ancora nella sua strana dimora surreale fatta di vento e di venti che si dipartono in ogni angolo del pianeta. Ho imparato, fin da piccolissima, a conoscere “questo” vento che soffia sempre dal mare, sale dal promontorio di Capo Vaticano e si concentra in grandi masse proprio sulle colline soffiando molto forte per giorni, fino a quando cessa improvvisamente per lasciare soltanto una flebile memoria del suo passaggio. L’ho odiato (e lo odio) ma soprattutto l’ho anche amato (e lo amo). Oggi penso che forse non sarei riuscita a scrivere molte delle mie poesie senza la…

Terra di vulcani e di rocce laviche

Jònas Hallgrimsson (1807 – 1845) rappresenta l’eco della poesia romantica nella lontana Islanda, di cui cantò antiche leggende e descrisse il paesaggio tanto amato. Nella sua poetica è presente una certa nota patriottica: il poeta esalta, infatti, l’Islanda antica contrapponendola a quella dei suoi tempi. Nella poesia “La nostra terra” sono manifesti i temi più cari al poeta, espressi con forza e vigore, anche se vi risuona una certa malinconia, tipica dei poeti romantici, insieme a un sottile rimpianto, per le glorie del passato. L’Islanda è terra ricca di vulcani. E’ formata da campi di lava la pianura nei dintorni di Thingvellir dove, nel 930 d. C., si riunì la prima assemblea legislativa islandese, la più antica d’Europa, l’Althing, e dove il bardo e capo guerriero Snorri Sturlsson piantava la propria tenda (egli fu fatto uccidere dal re di Norvegia nel 1241 che, in seguito, riuscì a farsi eleggere re degli islandesi). Il sacro monte Longberg è ormai dimenticato, esso fu la così detta “rupe delle leggi” dall’alto della quale il dicitore del diritto nordico, il Logsoguman, recitava davanti all’Althing tutte le leggi del regno. Vi incombe su tutto ciò l’oblio … e sull’oblio il canto del poeta che sconfigge…

Contro tutti i totalitarismi
000 Primo piano , Ismail Kadaré / 10 Luglio 2024

Ismail Kadaré, il più importante scrittore albanese, nasce nel 1936 ad Argirocastro, nel sud dell’Albania e muore il 1 luglio 2024 a Tirana, la capitale. Perfeziona al’Istituto Gorki di Mosca, vivaio di scrittori e di critici letterari, gli studi iniziati alla Facoltà di Lettere di Tirana. Nel 1960, dopo “lo strappo” dell’Albania  dall’Unione Sovietica, rientra nel suo Paese dedicandosi al giornalismo e pubblicando con grande successo alcune raccolte di poesie. Nel 1963 da alle stampe il suo primo romanzo, “Il generale dell’armata morta” (dal quale è stato anche tratto un film di successo con l’attore italiano Marcello Mastroianni), viaggio grottesco nella follia della Seconda Guerra Mondiale, grazie al quale si afferma sulla scena letteraria anche oltre i confini albanesi. La sua fama si consolida negli anni Settanta e Ottanta con una serie di romanzi fra i quali “I tamburi della Pioggia”; “La città di pietra; “Il palazzo dei sogni”, straordinarie narrazioni epiche, allegorie della tragica storia albanese sempre lacerata tra l’Occidente e l’Oriente. Il regime comunista di Tirana esercita sulle sue opere una censura sempre più severa. Consapevole che “la dittatura è incompatibile con la letteratura”, Ismail Kadaré, nel 1990, sceglie l’esilio politico a Parigi, in Francia, e segue le…

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