Per la fisica quantistica tutte le radiazioni elettromagnetiche sono composte di fotoni (cioè luce allo stato puro). Questi si raggruppano in un’ampia varietà di energie: da quelle estremamente energetiche dei raggi gamma, a onde cortissime, a quelle estremamente non energetiche delle onde radio lunghissime. In una qualunque banda di radiazioni in cui l’energia raddoppia, passando da un margine della banda all’altro (o la lunghezza d’onda raddoppia nella direzione opposta), si ha un’ottava. I raggi elettromagnetici sono compresi, in tutta la loro ampiezza, in linee di ottave, e la luce visibile occupa una posizione più o meno a metà strada. Ogni cosa (oggetto, pianta, animale, uomo, essere animato o inanimato) che non abbia una temperatura pari allo Zero Assoluto (cioè -273° Kelvin) emette fotoni su un’ampia varietà di energie. Relativamente pochi agli estremi della banda e il massimo verso il centro. Nel caso di cose (oggetti o entità) molto fredde, freddissime, prossime ai -273° Kelvin (lo Zero Assoluto), la radiazione massima è molto spostata nella regione delle onde radio. Nel caso di cose a temperatura ambiente (come noi esseri umani, ad esempio), la radiazione è situata negli infrarossi a onde lunghe. Non vi è, dunque, energia, luce a -273° Kelvin. Di…
Se la temperatura più alta per bruciare i libri, che contengono sapere e cultura, è 451° Fahrenheit come rende edotti al riguardo Roy Bradbury nel suo romanzo “Fahrenheit 451”, di certo, ipoteticamente e fantascientificamente, quella più bassa per congelarli o per annientare ogni germe di vita è – 273° Kelvin, la temperatura più bassa nell’intero Universo, ossia lo Zero Assoluto. Il caldo brucia e uccide; il freddo, all’opposto, rende inerte la materia e uccide. In questo primo scorcio di ventunesimo secolo è forse ancora viva l’Arte? Sì l’Arte. la Poesia, in primis, con il suo carico di sentimenti, di sensibilità, di immaginazione, di fantasia, di sogno e di illusione, di ascolto profondo e indicibile dell’Essere? Forse sì, ma è come mutilata, moribonda, umiliata, esiliata e senza più molta prospettiva di vita. Sembra forse andare, con andatura lenta ma costante, verso lo Zero Assoluto. Possiamo ancora salvarla? Forse sì, perché anche il freddo terribile: il mare ghiacciato dell’indifferenza e dell’ignoranza può conservare senza tuttavia uccidere, può obliare senza tuttavia annientare. A tale proposito mi vengono in mente alcuni aneddoti che riguardano lo strano e incredibile rapporto tra l’Arte e il freddo e cioè che, in passato, i grandi capolavori della musica,…
Il termine arabo Tuat si può tradurre con “tradizione” la quale, a sua volta, nel mondo arabo – islamico implica una serie di termini e concetti che spaziano da “eredità” in generale a “patrimonio materiale e spirituale” fino a “raccolta di tracce del passato” o anche a “carica affettiva e contenuto pieno di tradizione ideologica”. Essere “moderni” non significa affatto, per il pensiero arabo – islamico, rifiutare la tradizione né rompere con il passato, ma piuttosto innalzare il modo di assumere il rapporto con la tradizione a livello di ciò che viene definita “contemporaneità” la quale consiste nel mettersi al passo del progresso che va attuandosi a livello planetario. Anche se si ammette che la modernità europea rappresenta oggi la modernità “planetaria” per eccellenza, già solo il suo inserirsi nella storia culturale specifica dell’Europa – anche come figura di opposizione – la rende incapace di confrontarsi in un dialogo critico con la realtà culturale araba la cui storia si è costruita in spazi lontani. Estranea alla cultura araba e alla sua storia, la modernità europea non riesce a stabilire un dialogo capace di avviare un movimento all’interno di tale cultura. Costretta com’è a confrontarsi con esso solo dall’esterno, automaticamente spinge,…
Poesia del deserto. Poesia Nabati, o popolare. Poesia dal fascino esotico e indiscutibile. Poesia che viene da lontano, dal paese dei “Mille e una notte”, cioè dalla penisola arabica. La poesia Nabati, o del deserto, cattura il lettore per il contenuto nostalgico e sentimentale che la pervade. Dopo un periodo di oblio, riceve nuovo impulso dal poeta siro – libanese Khayum – d – Kin az – Zarakli che, nel volume dal titolo “Ma ra itu wa ma sami tu” (Ciò che ho visto e sentito)), riporta alcuni esempi di poesia denominata “Al – Humayni” e spiega il significato di alcuni versi. Az – Zarakli divide la poesia beduina in due gruppi: “Al – Qarid”, metricamente e linguisticamente corretto, e “Al Humayni”. Il poeta ha compreso l’importanza della poesia beduina, anche se povera dal punto di vista grammaticale, ed afferma: “Il beduino tutt’ora nella poesia evoca le tracce antiche, descrive le nuvole e le montagne, esprime la sua nostalgia per l’amore, piange la separazione, compone elegie per la morte di una personalità o per esaltare un personaggio. Nella sua poesia si riconosce, perciò, lo spirito del poeta beduino che si dirigeva verso Ukaz oltre quattordici secoli fa”. Con questo scritto…
Il tempo: enigma e mistero fin dalla comparsa dell’uomo sulla terra. Il tempo: ossessione, ansia, tabù, realtà sacrale, entità che sfugge. E’ stato e continua ad essere tutto ciò per l’uomo il tempo e il concetto di tempo. Il tempo: inafferrabile eppure ineludibile; realtà o irrealtà? Cosa si sa o si può mai dire di concreto intorno al tempo? I rintocchi di una campana che scandiscono le ore, ciò che noi, come esseri umani, facciamo ogni giorno, nel bene o nel male, è uno scandire lento o veloce del tempo. Gli orologi (anche i più sofisticati quali quelli atomici che scandiscono perfino i millesecondi) misurano il tempo: in secondi, in minuti, in ore ma non dicono che cos’è il tempo. I calendari lunari o solari riportano, regolarmente e ciclicamente, i giorni, i mesi, gli anni ma non dicono, ugualmente, che cos’è il tempo. Ci hanno provato i filosofi di ogni epoca a pensare il tempo e a tentare di capire che cosa il tempo mai fosse. Ma in fondo non si è mai saputo, non si sa, forse non si saprà mai che cos’è il tempo. Tutti quelli che hanno indagato il tempo e hanno dissertato su di esso sono…
Alessandro Bertante è nato ad Alessandria nel 1969, ma vive a Milano. E’ scrittore e saggista, ed è course leader del Triennio di Cinema e Animazione alla Nuova Accademia di Belle Arti. Il suo primo romanzo “Malavida” è del 1999. In seguito pubblicherà i saggi “Re nudo” e “Contro il ’68”. Nel 2008 pubblica “Al diavul” che vince il Premio Letterario Chianti. Nel 2011, con il romanzo “Nina dei lupi”, vince il Premio Rieti e nel 2013 vince il Premio Margherita Hack con “Estate crudele”. Con “Gli ultimi ragazzi del secolo” è finalista al Premio Campiello 2016, e con “Mordi e fuggi. Il romanzo delle BR” è finalista al Premio Strega 2022. Molte e varie le sue opere di narrativa, oltre alle diverse antologie di racconti di cui Allessandro Bertante è stato curatore. Francesca Rita Rombolà conversa con Alessandro Bertante per poesiaeletteratura.it D – Scrivere un buon libro o un bel libro? E chi gratifica, o soddisfa, di più il lettore o l’autore? R – Un buon libro e un bel libro insieme. L’autore prova di certo sempre soddisfazione nello scrivere un libro, ma alla fin fine credo che un buon libro e un bel libro gratifichi e soddisfi maggiormente…
Bambini che hanno perso l’amore e il diritto all’amore. Bambini che non conoscono più l’amore. Bambini soli e solitari che hanno fame e sete di ogni cosa, ma di essere amati e accuditi principalmente. Bambini che non possono più giocare. Bambini che non possono più esprimere la loro gioia di vivere. Bambini che non riescono più ad esperire la loro innocenza ludica e il loro spirito di libertà infinita e pura. Bambini in guerra e in mezzo alla guerra. Bambini trascinati dalla guerra come arbusti spezzati lungo gli argini da un fiume in piena. Bambini sotto shock a causa della guerra il cui trauma disumano sarà come una zavorra invisibile che si porteranno addosso per il resto dei loro giorni fino a tarda età. Bambini che hanno dentro la loro anima infantile ancora in formazione l’innato senso di una pace superiore e profonda che gli uomini non riescono mai a capire e perciò non possono mai dare. Bambini i cui effetti disastrosi della guerra sono ferite dagli squarci inauditi e dalla profondità senza dimensione che brilleranno come piaghe perlacee di luce tenebrosa col trascorrere cruento degli anni e delle stagioni. Bambini la cui levità divina contrasta terribilmente con la nefanda…
Daniele Salerno nasce a Palermo nel 1985. Nel 2007 si trasferisce a Bologna dove lavora come consulente vendita per i settori parrucchiere ed estetica fino al 2012. Oggi è direttore di un’azienda fitness e operation manager della regione Lombardia. Ha pubblicato il suo primo romanzo, “Il figlio di Giuda”, mentre il secondo, “Gemini”, verrà pubblicato nel dicembre 2022. Ha ripreso gli studi, precedentemente interrotti, di Lettere e Filosofia all’Università di Milano e spera di conseguire la laurea all’inizio del 2023. Daniele Salerno ha anche scritto alcuni articoli per il Giornale di Sicilia. Francesca Rita Rombolà e Daniele Salerno conversano insieme. D – Daniele, racconta un pò della tua passione per la scrittura. E’ davvero così importante per te scrivere? R – Ho scritto per passione, per emotività, per noia, per riempire vuoti. Ho iniziato a scrivere da bambino per strappare un sorriso e una lacrima ai miei genitori e agli affetti a me più cari. Ho scritto da adolescente per non urlare e ho scritto per non tacere in età più adulta. Ho scritto, scritto, scritto … ma continuo a scrivere, come sto facendo adesso, rispondendo alle tue domande. E scrivo perché credo che l’inchiostro che possediamo dentro è inesauribile….
Rocco Cosentino è attore, regista, scrittore. Nasce a Bergamo nel 1958. Dopo la scuola di teatro frequentata a Milano, coadiuvata da stage e corsi professionali, intraprende l’attività professionale nel 1982. Per il teatro ha interpretato autori quali Ionesco, Beckett, Arrabal, prediligendo il teatro dell’Assurdo. Lavora con attori quali Turi Ferro, Giulio Brogi, Anna Campori, Nino Frassica. Nel 1989 fonda, a Firenze, l’A. S. T. A. R. – Associazione Toscana Artisti Riuniti – della quale è stato promotore e presidente. E’ stato punto di riferimento e di contatto tra artisti italiani ed europei di ogni tendenza e stile. Famose le due “Vetrine Firenze Arte” e “Vetrina Firenze Arte Europa” patrocinati da tutti gli enti pubblici di Firenze, da tutti i consolati europei e da quello degli Stati Uniti d’America dove ha curato l’organizzazione e la regia. Nella prima metà del 2008 realizza, come regista, due cortometraggi dal titolo “Ice Cream Culture” e “Raccomandata A. R.”. Sempre nel 2008, in qualità di regista, scrive e dirige il medio metraggio “Psiche”. Nel 2011 è regista del cortometraggio dal titolo “Fame d’amore”, e intanto pubblica il suo primo romanzo “Nel nome del Padre e della Madre”. Nel 2012 è regista del cortometraggio “la Pietra…
Forse oggi è quasi un must parlare della Cina in generale e soffermarsi su qualche suo aspetto in particolare, perché la Cina è praticamente da sempre un grande paese in tutti i sensi (la sua civiltà è nata millenni prima di Cristo) e la sua realtà è costante, vasta, complessa e tutta da scoprire. Una riflessione molto breve sul poeta cinese Ton Fon, che visse intorno al 712 – 770. Il luogo della sua nascita è incerto. Ebbe una vita molto movimentata e sofferta in un’epoca in cui la Cina fu contraddistinta da profondi e intensi rivolgimenti politici quali la ribellione di An Lu Shan e l’ascesa al potere dell’imperatore Sutsung. Il poeta Ton Fon, costretto all’esilio e a una vita raminga, patì la fame e l’isolamento, conobbe il dolore e l’umiliazione. I suoi poemi, rimasti in diciannove libri, documentano non solo la sua statura morale e il suo senso doloroso del destino umano ma anche una spiccata sensibilità politica e sociale sullo sfondo degli avvenimenti del suo tempo. Insieme a Li Po e Wang Wei è la figura più rappresentativa della letteratura cinese. I suoi versi sono attraversati da un amore purissimo ed elevato verso i propri cari e…
Selene Calloni Williams, scrittrice e documentarista, è autrice di numerosi successi tradotti e pubblicati in diversi paesi del mondo e di documentari che spaziano dalla psicologia all’ecologia. Ha avuto due grandi maestri conosciutissimi a livello internazionale: Michael Williams e James Hillman. Si laurea in psicologia con una tesi sullo yoga integrale e ottiene un master in screenwriting presso la Napier University di Edimburgo, in Scozia. Selene Calloni Williams è l’iniziatrice del “metodo subliminale” o “approccio immaginale” e della scuola italo – svizzera degli immaginalisti. E’ anche una relatrice internazionale molto attiva e conosciutissima, ha infatti partecipato a numerosi convegni e congressi accanto a grandi e famosi personaggi come James Hillman, Raimon Panikkar, Karan Sing. Molte università, italiane e straniere, l’hanno chiamata in qualità di Keynote Speaker. Fra i libri, best – seller in tutto il mondo, di Selene Calloni Williams si ricordano: “Manta Madre”, “Lo Zen e l’arte della ribellione”, “Discorso alla luna”, “Il profumo della luna”, “Adolescenza interrotta” e il fresco di stampa “Daimon – Scopri il tuo spirito guida e guarisci con i miti”. Francesca Rita Rombolà e Selene Calloni Williams dialogano insieme per poesiaeletteratura.it. D – Parliamo un pò dei maestri che ha avuto, cioè Michael Williams…
“Voglio un azzurro speciale. Un azzurro che vada oltre il colore reale che l’occhio riesce a percepire e a focalizzare. Voglio l’azzurro dei poeti!”. Pare che Michelangelo Buonarroti dicesse queste parole quando dipingeva la Cappella Sistina e fosse preso dal dilemma del colore da dare al cielo del monumentale affresco. Il colore sì, l’azzurro certo, ma quale sfumatura di azzurro? Che particolarità di azzurro? L’azzurro della Cappella Sistina dire che è straordinario e meraviglioso è poco. E’ un azzurro divino. Sì, l’azzurro del Divino. L’azzurro preternaturale. L’azzurro edenico. L’azzurro dei poeti. Eppure Michelangelo non fu mai pienamente soddisfatto di questo azzurro ricercato e trovato con difficoltà. Per lui non era ancora il “divino azzurro”, l’azzurro che “l’occhio umano non riesce a percepire, a vedere, a mettere a fuoco materialmente”. L’azzurro. Il colore azzurro. L’azzurro dei poeti. Che cos’è? E’ davvero un colore? Il colore azzurro, appunto? O non è piuttosto un concetto immaginifico? Una dimensione ancestrale perduta? Un archetipo? Una metafora della poesia come realtà che non appartiene al mondo, alla società, al calcolo, al raziocinio, al comune sentire? Sicuramente, e fin dai tempi più remoti. Il cielo del pianeta terra è azzurro. I mari del pianeta terra sono azzurri….
Marcella Nigro è nata a Modena nel 1969, ma è bolognese di adozione. Il suo esordio nel campo della scrittura avviene nel 2016 con il romanzo “L’intimo segreto di MacFinn” (Edizioni GDS). Nel 2018 pubblica “I segreti di Courtstone House” (Edizioni Croce). E’ presente nell’antologia di racconti brevi “#AmantiDistanti” con il brano dal titolo “Uno stupido DPCM”. Ha curato la realizzazione dell’antologia di racconti brevi “Condividendo il Decatesson 2020, tra intimi sogni e nude realtà” contribuendo anche con un racconto dal titolo “La donna sbagliata”. Per il romanzo “L’intimo sogno dei MacFinn” ha ricevuto diversi riconoscimenti fra i quali il Premio Internazionale Montefiore – sezione Pianeta Donna” nel 2017, mentre per “I segreti di Courtstone House” ha vinto “L’Altamura Book Award 2018 Gialli al Femminile”. Ai romanzi “L’intimo sogno dei MacFinn” e “I segreti di Courtstone House” si ispirano i brani omonimi composti dal maestro Giosuè D’Asta disponibili sul sito www.giosuèdasta.com. Marcella Nigro interviene e organizza salotti, iniziative culturali e dibattiti atti a sensibilizzare l’opinione pubblica su tematiche di attualità quali il femminicidio e l’educazione civica, spesso in collaborazione con le istituzioni locali; è anche moderatrice di incontri con scrittori e artisti. Francesca Rita Rombolà e Marcella Nigro conversano insieme….
Realtà? O solamente un sogno? Forse soltanto un sogno ma che è stato realtà. Una realtà immersa in un mondo sognante. Una patria ideale perduta. La terra del sogno e dei sognatori. Forse la terra della poesia. Forse il regno dei poeti. Sto parlando di Al Andalus (la moderna Andalusia, la regione più a sud della Spagna). Il tanto decantato e meraviglioso regno arabo di Spagna di Al Andalus. Regno forse davvero mitico e leggendario dove le arti e le scienze raggiunsero uno splendore incomparabile, la civiltà fu di una raffinatezza unica e lo sviluppo economico, culturale, umano di una magnificenza a dir poco assoluta. Regno che, nella realtà, così come ebbe un inizio ebbe anche una fine piuttosto tragica e improvvisa ad opera della “reconquista” cristiana la quale non fu proprio indolore e neanche proprio magnanima nei suoi riguardi, cancellando un’era felice, di progresso, di sviluppo, di mollezza e di bellezza in tutti i campi e in tutti i sensi. Re, principi, filosofi, matematici, sapienti, poeti e cantori; arabi, ebrei, di paesi anche lontanissimi e sconosciuti abbandonarono Al Andalus, con i suoi segreti, la sua magnificenza e la sua grandezza, al conquistatore e si dispersero per tutto il Mediterraneo…
Debora Lanza nasce a Torino. Dal 1996 al 1998 studia canto jazz presso il “Centro Jazz Torino”: Nel 2002 è la prima classificata e voce rivelazione del Festival “Prima Tappa” di Torino e, nello stesso anno, partecipa come solista al “Festival Internazionale di San Marino” e giunge “All’Accademia di Sanremo”. Professionista nel progetto, con direzione artistica di Maurizio Costanzo, “Cinecittà Campus” dove Debora Lanza, per due anni, diviene responsabile della sezione “Musica” e collabora insieme a moltissimi artisti del panorama musicale nazionale e internazionale quali Gino Paoli, Ornella Vanoni, Piero Pelù, Paola Turci, Antonello Venditti e tanti altri. Sempre nel 2004, Debora Lanza viene scelta come cantante principale dello spettacolo teatrale della regista e attrice Stefania Ventura “Gaia Terra di Mezzo” presso gli studi di Cinecittà a Roma e diviene la coordinatrice musicale di “Miss Mondo Italia” dove segue le finaliste e le prepara per la semifinale e la finale del concorso. Nel 2009 viene notata dal produttore Matteo Bonsanto (Radio Deejay – Italia On TV) che tra il 2010 e il 2011 produce diversi suoi brani. Negli anni 2012 e 2013 Debora Lanza lavora con la produzione “WEP PRODUCTION” per una lunga tournée teatrale in “Show International” in Europa…
Nato a Cassino nel 1981, Francesco Mascio è un chitarrista/compositore molto intraprendente, poliedrico ed estremamente interessante. Il suo ploying e il suo stile compositivo abbracciano svariati generi. Artista mosso da una curiosità sempre viva, molto incline alla sperimentazione, nell’arco della sua carriera Francesco Mascio ha condiviso palco e studio di registrazione al fianco di musicisti blasonati in ambito nazionale e internazionale quali Shawnn Monteiro, Crystal White, Fabrizio Bosso, Flavio Boltro. La sua produzione discografica è molto varia, alcuni fra i suoi album: “Europa Jazz Quartet” (Zone di Musica, 2012); “Gang’s Spirit” (Emme Record Label, 2015); “Wu Way” (Filibusta Records, 2019); “Preview” (Italian Way Musica, 2020). Francesca Rita Rombolà conversa di arte, musica, poesia con Francesco Mascio. D – Francesco sei chitarrista e compositore, quale differenza sostanziale tra il suonare musica e il comporre musica? R – In entrambi i casi parliamo di processi creativi ma se, nel suonare musica di altri, ci si trova ad affrontare l’inevitabile compito di immergersi nel mondo di chi ha scritto quella determinata musica come compositore si ha la possibilità di conoscere più in profondità se stessi, con la conseguente opportunità di scoprire il proprio mondo interiore, le proprie emozioni e i punti di vista…
I prati sono fioriti. E’ Pasqua. Il grano è in erba. E’ Pasqua. L’albero di fico non è più nudo e grigio, ma inizia a vestirsi di tenere foglie verdi che crescono sempre più di giorno in giorno. E’ Pasqua. Tempo che apre le porte al risveglio. E’ Pasqua. Soglia tra il vivere e il morire che si infrange. E’ Pasqua. La terra feconda e il cielo benevolo si preparano al dono gratuito dei frutti che fortificheranno gli uomini di buona volontà e dal cuore puro. E’ Pasqua. Ulivi millenari e palme dal fusto perfetto ondeggiano al vento lieve, misterioso e lieto della speranza. VERSO I TEMPI ULTIMI Sogni infranti pensieri di primavera di ludica levità molti i colori naturali che non hanno riscontro nella realtà, più belli e maestosi dei gigli dei campi degli antichi re e dei magnati moderni. Dalle rupi nude e dalla roccia scavata un pensiero, un’idea un cuore che batte ancora che prenderà vita e darà la vita perle dal mare fili di porpora dalle conchiglie, e il vento che annulla o amplifica le distanze. Ecco l’impasto essenza di civiltà remota che dal frumento figlio della terra diventa pane e mistericamente diviene corpo e…
Forse un racconto lungo, magari un romanzo breve, “L’Abbraccio” di Ernesto Masina è un’opera che si legge con una certa levità e linearità e una capillare piacevolezza che riescono ad accompagnare e a guidare dalla prima pagina fino all’ultima. C’è un Lui e c’è una Lei a scandire puntualmente ogni capitolo (o capitoletto) nel solco di una sorta di sfogo quasi epistolare tra una coppia forse nemmeno più in crisi in quanto ormai il passo è stato fatto e la rottura appare davvero irreversibile. Lui è Marco, Lei è Elena, ma chiamata da tutti Lena. Lui è maschilista quasi in tutto: nei gesti, negli atteggiamenti, nella mentalità, nel modo soprattutto di relazionarsi con l’altro sesso, nell’intimità più recondita con Lena; lavora nel campo degli investimenti finanziari e talvolta sembra lasciarsi trascinare dal valore assoluto del denaro sminuendo i sentimenti, anche quelli più importanti per un essere umano. Lei ama il teatro e lavora nel campo del teatro, ama l’arte e l’eterno femminino che la permea e la suggella. Se in un primo momento la storia dei due appare solida e dentro la cornice di un amore vero e scevro da nubi fosche, con il passare del tempo piccoli indizi contrari…
Per chi non sa cosa sia l’arabesco, proprio in due parole, cercherò di darne la definizione base più semplice, e cioè l’arabesco è un ornamento minuzioso quanto particolare, delicato e tuttavia intricato, bello e di una nudità assoluta e disarmante e tuttavia di una complessità quasi labirintica. L’arabesco è, in un certo qual senso, il linguaggio dell’arte islamica, infatti viene utilizzato fin dalle origini da tale cultura e da tale civiltà per abbellire e decorare moschee, palazzi, cupole, porticati, sale e ogni sorta di luogo – incontro frequentato e abitato dall’uomo. Le forme dell’arabesco sono di vari colori, anche se l’arte più elevata e più profonda predilige l’azzurro intenso, il giallo oro e il verde naturale, le sue geometrie creano e compongono, si rincorrono e si ritrovano giusto per trasmettere all’osservatore, perfino al più distratto e indifferente, un senso di serenità e di armonia che sembra affondare le proprie radici nell’Universo invisibile agli occhi della materia. L’arabesco si compone anche di elementi calligrafici oltre che architettonici e geometrici, ne sono un esempio i caratteri cufici della scrittura araba inventata per il medesimo scopo e per completare una visione d’insieme che abbraccia veramente il Tutto. Che sia la foglia o il…
Maria Cristina Grella è insegnante di Italiano e Storia. Ha scritto diversi racconti gialli per la rivista “Vera” e ha pubblicato racconti e romanzi nelle collane Delos Crime e History Crime con il suo vero nome e racconti e romanzi nelle collane “Passioni Romantiche” e “Odissea Romantica”, sempre di Delos Digital, utilizzando lo pseudonimo di Macrina Mirti. Nel 2019 ha partecipato all’antologia “Matera Nera” di Bertoni Editore, a cura di Oriana Ramunno, con lo pseudonimo di Macrina Mirti, con il racconto “La causa del peccato”. Nel 2021 ha pubblicato per la CE Literary Romance il primo volume del romance storico “La donna del Greco”, alla seconda puntata del quale sta lavorando. Ha anche auto – pubblicato, sempre come Macrina Mirti, due romanzi che, per diverse ragioni, non rientravano nelle collane Delos. Maria Cristina Grella, insieme a Franco Forte e a Davide de Boni, è coautrice del sesto romanzo della serie “I sette re di Roma”, “Servio Tullio – nato dal fuoco” uscito in questi giorni per Mondadori Editore. Ha recensito per diversi blog letterari ed è stata in pre – giuria al premio Tedeschi. Attualmente è redattrice di Milano Nera. Francesca Rita Rombolà conversa con Maria Cristina Grella, insegnante e…