Cèsar Vallejo nasce sulle Ande, a Santiago de Chuco, fra il 1892 e il 1898 (la data è incerta). Cresce in questo piccolo paese che all’epoca contava meno di duemila abitanti e distava da Lima, la capitale del Perù, cinque giorni di viaggio. Fa il minatore e poi l’insegnante per pagarsi gli studi. Nella grande hacienda dove lavora come insegnante privato vede la miseria degli indios, lo sfruttamento, le punizioni corporali. Tutto ciò segnerà per sempre la sua vita di errante e la sua ispirazione poetica. Legge i mistici spagnoli, i grandi autori della letteratura castigliana: Gongora, Quevedo e forse vi si immedesima desiderando un legame di continuità che si sforza di esperire nella sua prima raccolta di poesie “Gli araldi neri”. Eppure nella sua poetica si percepisce un’afflato del tutto nuovo in quanto vi è, in queste sue prime poesie, un pessimismo infinito e una forza quasi anarchica che pervade gli esseri e le cose. Nel 1920 si trasferisce a Parigi e non farà mai più ritorno in Perù. Vive quasi di niente, solo di quel poco che gli frutta qualche articolo scritto per i giornali sudamericani. Nel 1928 va per la prima volta in Russia e incontra il…