Un poeta molto lontano nello spazio, forse di meno nel tempo. Chrstiaan Frederik Louis Leipoldt (1880 – 1947) poeta del SudAfrica che ha fatto conoscere al mondo, per mezzo dei suoi versi, il fascino dell’afrikaans la lingua nederlandese dei coloni boeri emigrati in SudAfrica a partire dalla metà del XVII secolo. La sua poesia è quasi un inno sincero e potente alla natura, che riesce a rendere universale il fine e lo scopo della poesia, cioè l’amore verso il bello, verso la vita, verso ciò che il mondo offre di spontaneo all’uomo e alle altre creature viventi. Cosa coglie questo poeta del suo paese esotico e occidentale a un tempo? Soprattutto quel che lo circonda: rocce bizzarre, paesaggio desertico, strade di sabbia che si perdono nella lontananza di un orizzonte infinito in cui sibila il vento tra gli arbusti secchi e strane e misteriose pitture rupestri eseguite da essere umani scomparsi forse millenni fa o forse milioni di anni fa, e il cielo, il cielo al calar della notte spaventosamente vasto, tranquillo eppure inquieto dove le stelle sono così numerose e reali che se si alza un braccio si ha la sensazione certa di poterle toccare o almeno sfiorare. E…