NATALE Non ho voglia di tuffarmi in un gomitolo di strade Ho tanta stanchezza sulle spalle Lasciatemi così come una cosa posata in un angolo e dimenticata Qui non si sente altro che il caldo buono Sto con le quattro capriole di fumo del focolare. Una poesia di Giuseppe Ungaretti sul Natale dalla quale scaturisce una breve riflessione. In questa poesia il poeta vuole un “suo” Natale fuori dal groviglio delle strade, nel silenzio e nella solitudine di una “cosa dimenticata”, presso un focolare modesto, rustico, con il fumo che sembra si diverta a fare le capriole. Il desiderio, forte e intenso, così semplice e umano è reso in immagini e in parole misurate e contenute, nei canoni di un ermetismo stringato e, oserei dire, puro. Dicono ancora oggi qualcosa questi versi? Qualcosa sul significato primo e ultimo del Natale all’uomo del ventunesimo secolo? Forse sì. Forse molto. Soprattutto a chi desidera, come Giuseppe Ungaretti, un Natale lontano dal chiasso, dal consumismo, dal materialismo di una società opulenta, che ormai quasi ignora il senso del divino e quindi l’autenticità del Natale cristiano, qual’è diventata, ormai da tempo, quella occidentale. Eppure anche se non ce ne accorgiamo, immersi come siamo tutti…
Il 4 novembre di ogni anno, l’Italia celebra l’anniversario della vittoria della guerra del 1915 -1918, cioè la Prima Guerra Mondiale, dedicando questa giornata alle proprie Forze Armate che di quella vittoria sono stati i principali artefici. La guerra del ’15 -’18 ha cambiato gli equilibri politici e sociali che fino ad allora avevano retto l’Europa per secoli. Ma non solo: per la prima volta si fece uso in guerra di armi nuove e potenti frutto del progresso e della scienza applicata alla pratica che, seppur ancora agli inizi di un’età che li avrebbe visti quali indiscussi protagonisti e detentori del destino di milioni di uomini, si mostravano già, in quella tragica occasione, capaci di rivoluzionare il pensiero e la vita quotidiana di ognuno. Ciò cambiò perfino il modo di combattere. Infatti, migliaia di uomini morirono ogni giorno, per tre lunghi anni, nel fango delle trincee sulla linea del fronte o nei campi formati da immense radure,”falciati” come grano maturo da micidiali gas asfissianti, altra “conquista” dell’era del progresso da poco iniziata. Da tempo ormai, le nazioni europee si preparavano quasi a questa grande deflagrazione, a questo “bagno di sangue”, come è stato definito dagli storici, che ha portato conseguenze…