Duecento anni fa, il 1 agosto 1819, a New York (USA), nasceva Herman Melville. La sua fama nel tempo è legata alla sua opera più importante e più conosciuta, cioè “Moby Dick” o “La Balena Bianca”, anche se gli altri suoi romanzi “Typee” e la sua continuazione “Omoo”, “Giacchetta Bianca” o “Il mondo visto su una nave da guerra”, “Redburn”, “Mardi”, il suo ultimo romanzo breve “Billy Budd” e una serie di racconti forse meno conosciuti di sicuro affrontano tematiche umane fondamentali. A quest’opera Herman Melville lavorò forse per tutta la vita. Molto, tutto e quasi niente è stato detto e scritto a proposito di “Moby Dick”. Simbolo dell’inafferrabilità dell’assoluto e dell’attimo, corsa sfrenata dell’uomo della Rivoluzione Industriale che rincorre il progresso disordinato e spesso (come si rivelerà nei due secoli ssuccessivi) distruttivo; metafora del male che l’uomo ha dentro di sè fin dalla nascita, “peccato originale”contratto per “filiazione genetica” dal primo uomo Adamo alla sua cacciata dall’Eden. Una sorta di “male endemico” o, forse meglio, “biblico” che Herman Melville rimarca piuttosto bene e in maniera decisamente forte. E poi la lotta, solitaria e incompresa, dell’uomo contro forze naturali soverchianti e molto al di sopra di lui in quanto a…