Ian Jacob Slauerhoff (1898-1936), medico di bordo, morto precocemente, Poète maudit, romantico. Presenza letteraria scontrosa, oppio, leggenda, mito, modello avventuriero di ispirazione, fascino indiscusso, un certo mistero latente. Strani romanzi, poesie con titoli come “Soleares” o “Fados”, rielaborazioni di classici cinesi. Letterato e poeta che ha acceso un incendio nell’Olanda della sua epoca: il fuoco dell’ingiustizia coloniale, il fuoco del liberalismo e del libero pensiero, il fuoco di un ego grande forse smisurato ma, allo stesso tempo, fragile come vetro soffiato o ala di insetto che con un “elettroshock poetico” ha annientato l’eloquio solenne del XIX secolo. Il suo modo di scrivere, infatti, ha impressionato gli spiriti colti e anche meno colti ben al di là dei confini olandesi. In ventisei volumi è raccolta la sua intera opera e la sua enorme corrispondenza. In una pagina del suo diario del 1928 si legge: 4 aprile. Di certo per affinità spirituale mi sveglio per la prima volta spontaneamente in vista dell’arcipelago Fernando de Noronha. L’isola si allunga alla luce crepuscolare nell’acqua violacea, la spoglia parete di roccia si innalza da una fitta boscaglia, due navi da guerra sono ancorate di fronte al bianco porto. L’isola ci scivola accanto in un silenzio…