Nel 1855 il grande scrittore russo Aleksej Nicolaevic Tolstoj (1832 – 1910) si trovava, su richiesta propria, tra gli assediati di Sebastopoli. Visse il tremendo assedio da combattente valoroso e da osservatore acuto e molto attento. Ma la cosa più importante è che fissò le sue impressioni sulla carta (essendo uno scrittore non poteva fare altrimenti), cioè scrisse tre racconti (una sorta di trilogia, anche se questo termine suona un pochino improprio) concentrati quasi in un romanzo dal titolo SEBASTOPOLI. Cosa mai vi racconta lo scrittore, immergendo la penna forse più nel sangue e nel sudore anziché nell’inchiostro? L’assedio e la presa di Sebastopoli certo per averli vissuti in prima persona, ma con il tocco trasfigurante e affabulatore della letteratura. Egli sembra vedere in quell’episodio particolare, e forse il più importante della guerra di Crimea, un’epopea tragica e allo stesso tempo grandiosa. Ciò che mette in rilievo è la perdita (o forse lo spreco?) di uomini e mezzi, il dolore e la sofferenza, l’ansia, la paura, il coraggio insieme alla speranza e alla disperazione; sentimenti e passioni contrastanti e molteplici che la guerra porta con sè da sempre, inevitabilmente. E poi tutta una realtà che brulica di morte ma anche…